Crane Song STC/8 Mastering Version

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Recensione by Marco Vannucci di Spitfire Mastering

Questo compressore è la prima macchina prodotta dalla Crane Song, si tratta del primo oggetto che il progettista Dave Hill ha voluto mettere in commercio per offrire al pubblico internazionale “IL” biglietto da visita della sua azienda. Il compressore in questione è in effetti diverso da tutte gli altri hardware del genere presenti sul mercato: non è pensato per essere la replica di una macchina vintage tantomeno per essere un upgrade moderno della stessa, L’ STC-8 è progettato per suonare come l’STC-8, un compressore PWM con signal path e sidechain completamente analogici. L’idea inspirante è stata quella di creare il più pulito compressore di sempre che produca il  minor numero di artefatti possibile, mantenendosi morbido e trasparente anche con alti livelli di gain reduction. La messa a punto e la taratura sono state lunghe e laboriose, a detta dello stesso Mr. Hill hanno richiesto almeno 2 anni di sperimentazione. Il risultato è un compressore in grado di lavorare praticamente su ogni tipo di segnale con esiti di pulizia ed eleganza sbalorditivi.

Hardware

Il telaio occupa due rack unity, la foratura dei pannelli superiore e inferiore è notevole, si deduce che l’oggetto abbia bisogno di una adeguata e copiosa ventilazione. La costruzione è rigida e solida, non abbiamo a che fare con uno di quei contenitori che tendono a piegarsi o deformarsi mentre vengono maneggiati. Il pannello frontale è di cospicuo spessore, contiene agevolmente i potenziometri e i due led meter.  Tolto il pannello superiore si rimane colpiti dalla quantità di elettroniche presenti all’interno

. Le pcb sono di grandi dimensioni, una disposta orizzontalmente e una verticalmente dietro il pannello frontale. I discreti sono ordinati e  ampiamente spaziati tra loro. Guardando l’interno della macchina dall’alto, nella zona posteriore, campeggia un enorme dissipatore che corre da un lato a l’atro del telaio, sfruttando dunque l’intera larghezza disponibile. A questo sono imbullonati otto componenti che sembrano dei transistor cosparsi con pasta termica per consentirne il raffreddamento. L’ alimentazione è di tipo tradizionale, essa è fornita da un trasformatore toroidale della americana MCI da 55VA montato su un castelletto imbullonato sul lato sinistro del contenitore e quindi separato rispetto alle pcb. Nella zona vicino ai connettori xlr di input e output notiamo diversi ic di ottima qualità come gli Analog Devices SSM2142, gli Analog Devices OP275 jfet affiancati dai Texas Instruments LF356N jfet e dai Texas Instruments  LF412 jfet. Da notare che tutti i trimmer presenti sulle pcb sono trattati con una sostanza, una specie di frena filetti  che li tiene fermi nella loro posizione. Questo accorgimento evita che il trasporto o il montaggio, possano spostare e alterare i micrometrici settaggi e le delicate regolazioni eseguite in fabbrica; così importanti e cruciali per una macchina dalla ingegnerizzazione rimarcatamente  e senza dubbio più avanzata della media. Da segnalare inoltre i potenziometri Gray Hill a 40 micro-scatti di questa versione “M” dedicata al mastering e i durevoli switch NKK utilizzati al centro del pannello.

Pannello frontale

I colori della facciata sono quelli standard di tutte le macchine Crane Song, alluminio spazzolato con potenziometri verde acqua e caratteristica illuminazione verde del bulbo che segnala l’accensione.

Sulla destra inoltre, come da tradizione per questa casa costruttrice, campeggia la firma del progettista Dave Hill. I due canali hanno identici controlli, sia come tipologia che come numero. questi sono divisi a destra e a sinistra  dagli interruttori della sezione centrale dedicati all’ hard wire bypass, al link del sidechain e alla selezione della modalità “KI” e “HARA”.  Per ciascun canale troviamo quindi 2 threshold, una dedicata al limiter nella parte superiore e denominata “PK THRESHOLD” e l’altra dedicata al compressore, serigrafata semplicemente come “THRESHOLD” nella zona inferiore del pannello. Proseguendo con lo sguardo verso sinistra i successivi controlli, sempre situati nella parte bassa del pannello, sono infatti riferiti al compressore: si tratta delle consuete regolazioni “ATTACK” e “RELEASE” ma è notevole l’assenza di valori temporali specifici espressa in millisecondi. Al posto di questi ci sono degli anonimi scatti numerici da 1 a 9 con ulteriore riga specifica sulla sinistra e sulla destra, rispettivamente “FAST” e “SLOW”. Termina la carrellata il potenziometro “SHAPE” che si riferisce al knee, l’andamento della curva di compressione, il knob parte dal valore “GENTLE” tutto a sinistra, prosegue da “1” a “9” per finire con “STEEP” se girato tutto a destra. Nella parte alta della facciata troviamo un potenziometro denominato “PRESET” circondato da una  abbondante segnaletica. Questa manopola ci consente di cambiare le diverse modalità operative della macchina, 16 per la precisione. A prima vista potrebbe sembrare una organizzazione un pò caotica ma se si legge il manuale o si è abituati ad usare gli hardware Crane Song, si entra subito in sintonia con questo controllo.  Seguono sulla sinistra il knob “Meter” con il quale si sceglie cosa visualizzare sul led meter sovrastante e la manopola del “GAIN”, il gain make up  con valori da “0” a “10”. Il pannello posteriore contiene i 4 connettori xlr di ingresso e uscita denominati “channel 1” e “channel 2” rispettivamente relativi alla zona sinistra e alla zona destra del pannello e l’input output del sidechain bilanciato ma su connettore DB-15.

Analisi 

Questa macchina sfrutta la tecnologia PWM per applicare la gain reduction al segnale in ingresso. In breve l’STC-8 accende e spegne il passaggio della tensione come se fosse un velocissimo interruttore per controllare quindi l’ampiezza del voltaggio in uscita. Imaginate una stroboscopica che illumina una stanza: se la luce si accende e si spegne con intervalli temporali lunghi, nella stanza sarà quasi buio; se il rateo di accensione e spegnimento diventa più breve vedremo la stanza illuminarsi sempre di più fino a quasi non riconoscere il fluttuare della luce. Quando la frequenza tra acceso e spento sarà nell’ordine dei nano-secondi, non noteremo più nessuna vibrazione, per i nostri occhi la luce sarà semplicemente accesa. Per offrire con precisione un controllo di dinamica applicando questo stesso principio sul segnale audio, è pertanto basilare avere una frequenza di lavoro molto alta. Sfortunatamente fino a poco tempo fa era impossibile trovare componenti in grado di “girare” a tali velocità senza alzare notevolmente i costi di produzione e vendita. Oggi invece, un tale tipo di circuito è realizzabile con costi abbordabili sebbene si decida di utilizzare componenti in grado di effettuare lo switching on/off  nell’ ordine di 1 nano-secondo o meno e perciò in grado di lavorare a frequenze di accensione e spegnimeto superiori ad 1Ghz. Qualcuno potrebbe pensare che questo modo di comprimere sia “digitale” o che comporti per forza l’utilizzo di qualcosa pilotato da un dsp: niente di più falso! La PWM compression può operare in dominio completamente analogico. Nel caso specifico di questo Crane Song, anche il segnale sidechain è del tutto analogico: da ciò che ho intuito si tratta di un vero e proprio synth integrato nel circuito che genera delle forme d’onda a diverse frequenze a seconda del livello del segnale audio in ingresso. Le frequenze pilotano  il rateo dello switching on/off : maggiore il livello del segnale in ingresso, minore la frequenza generata dal synth e quindi maggiore l’intervallo di tempo tra accensione e spegnimento e pertanto minore sarà infine l’ampiezza del segnale in uscita dal compressore. A questo punto immaginerete che i compressori PWM siano rari o difficili da trovare ma non è così, ci sono altre case che costruiscono tali macchine in commercio, alcune delle quali sono uno standard in diverse situazioni di recording o mixing; probabilmente ne avrete già utilizzata una o avete usato la sua emulazione come plug in. È inoltre importante sottolineare che il flusso di segnale da input ad output può essere estremamente minimale se si utilizza la tecnologia PWM, infatti la circuiteria dell’STC-8 è completamente in classe A. I valori di noise floor, THD+N e crosstalk sono dunque estremamente contenuti, anche la risposta in frequenza è notevole, da 5Hz  a 55Khz. La versatilità della compressione PWM è davvero vasta, i tempi di attacco variano da 0.4 millisecondi a 100 millisecondi per il compressore mentre scendono a 1 microsecondo per il limiter. L’escursione sulle release è altrettanto ampia, da 50 millisecondi a 20 secondi per il compressore e fissa a circa 60 millisecondi per il limiter. Ci troviamo infatti di fronte ad una macchina con doppia funzionalità di compressione e limiting: il primo stadio di controllo della dinamica è posto prima del gain make up, il secondo dopo di questo. E’ importante segnalare che non ci sono due oggetti che operano sulla dinamica, il controllo avviene sempre nello stesso modo, ciò che cambia è il segnale sidechain di diverso tipo per il compressore o per il limiter. Le funzionalità di questo oggetto non sono ancora finite, ci sono infatti quattro macro modalità di lavoro che cambiano differenti tipologie di attacco e release automatici denominate “A-MOD”, “AUTO REL” , “A-MOD MAN REL” e “VAR” con al loro interno altri 4 modi operativi che seguono dei preset  “A”,”B”,”C” e “V” per un totale di 16 combinazioni. Le impostazioni “A”,”B” e”C” sono costanti temporali e di knee ottimizzate rispettivamente per  il trattamento della voce, del basso e del programma musicale complesso. Si può avere un idea osservando la tabella in figura.

Il preset “V” lascia queste variabili modificabili dall’utente a seconda della macro modalità operativa impostata. Il modo “A-MOD” è un attacco automatico che si regola in base a ciò che fuoriesce dal compressore impostato con un attacco lento e innesca il limiter per intercettare il transiente in eccesso. Quando ciò avviene i tempi di attacco del compressore vengono automaticamente accelerati con il fine di controllare il breve cambio di tensione e domarlo con parametri di intervento più veloci. Si può avere un idea dell’intervento osservando le curve in figura

dove è apprezzabile la naturalezza di intervento ed il “rispetto” per il transiente originale. In “AUTO REL” l’azione automatica avviene sulla release, a seconda dell’ampiezza e della lunghezza del transiente il rilascio viene regolato di conseguenza: il target è quello di evitare eccessivi rientri di segnale dopo  un cospicuo intervento di gain reduction. Queste due regolazioni automatiche sono combinate in modo da  essere attive entrambe o solo una lasciando sempre disponibile la sotto-regolazione “V” che attiva i parametri modificabili dall’utente. Sul potenziometro preset, partendo dalle ore 6 e seguendo il senso orario troveremo quindi: attacco e release automatici sui 4 preset “A”, “B”,  “C” e “V”; alle ore 9 solo release automatica sui 4 preset “A”, “B”,  “C” e “V”; alle ore 12 solo attacco automatico sui 4 preset “A”, “B”,  “C” e “V”; alle ore 3 attacco e release standard sui 4 preset “A”, “B”,  “C” e “V”. L’ azione sui knob del STC-8 è quindi cruciale per regolare con precisione tutta questa disponibilità di variabili, ed i validi Gray Hill svolgono egregiamente la loro funzione, in questa versione mastering sono completamente richiamabili. Se l’interruttore “STEREO LINK” è posizionato su “ON”, i controlli attivi saranno solo quelli sul lato sinistro della macchina. Ovviamente anche il sidechain sarà condiviso dai 2 canali. Se si utilizza un equalizzatore esterno per il sidechain si dovrà disporre di due equalizzatori dai canali ben abbinati tra loro, per la particolare struttura del sidechain non sarà possibile utilizzare un solo eq che piloti contemporaneamente entrambi i canali. C’è da dire inoltre che un eventuale sidechain esterno influenzerà solo il compressore e non il limiter. La visualizzazione sul led meter offre diversi dati utili da poter tenere sotto controllo: l’azione del limiter è controllabile da un unico led verde, posto come penultimo sulla destra del pannello nero. Segue un altro led rosso che indica una eventuale saturazione dello stadio di uscita. In modalità “OUT” il led meter emula un VU meter con lo 0VU fissato a +4dBm ed indica il quantitativo di livello in output, post gain make up. In “PK” viene mostrata quanta headroom si ha a disposizione prima della saturazione dell’apparecchio. In “GR” viene mostrato il classico livello di gain reduction. Piccola nota: sebbene in link mode, entrambi i meter resteranno indipendenti sui due canali mentre il lavoro del limiter verrà illustrato solo sul canale di sinistra. In ultimo ma non meno importante c’è la funzione “KI” e “HARA”.  In modalità “HARA” il compressore tende a rimanere il più pulito possibile, cercando di seguire il target per il quale è stato costruito. In “KI” la macchina colora il segnale introducendo distorsione armonica, soprattutto seconda armonica. Questo tipo di sound è ottenuto modificando la risposta in frequenza ed il segnale sidechain della macchina, il suo comportamento non è fisso ma è correlato ai parametri quali attacco release e shape. È possibile alterare il modo “KI” rendendo la modifica attiva solo sul sidechain, lasciando quindi la risposta in frequenza in uscita completamente inalterata. La procedura è descritta nel manuale e non occorrono particolari doti tecniche per eseguirla. In figura è possibile osservare lo spettrogramma di una sweep che produce circa 6dB di gain reduction in modalità “HARA” , nell’altra in modalità “KI”. La stessa differenza è riscontrabile guardando la fft di una sinusoide a 1khz che innesca il compressore producendo una attenuazione di circa 6dB: in figura 8 in modalità “HARA” e in figura 9 in modalità “KI”. In particolare in questa risoluzione si nota un aumento delle armoniche pari.

In prova

Questo è uno dei pochi compressori che merita davvero l’appellativo “Mastering”. Dico sinceramente che lo terrei volentieri in studio tra le altre macchine analogiche perché si tratta davvero di qualcosa di estremamente qualitativo e poco convenzionale.  Grazie alla sua pulizia è possibile intervenire solo sulla dinamica senza aggiungere eccessiva distorsione armonica o di fase al suono che si sta lavorando. La sua versatilità è immensa, non c’è un solo modo per farlo funzionare, riesce sempre a donare qualcosa in più al brano da trattare. Il Crane Song è una macchina facile da usare, si raggiunge subito un’ottimo risultato. Come accennavo sopra ,sullo stesso brano non è solo una la modalità migliore, non si ha una sola scelta di parametri, neanche due: su questa macchina sono disponibili almeno una decina di settaggi ottimamente funzionanti su ogni brano, alcuni più caratterizzanti, altri più trasparenti, la sua adattabilità è tale da rendere una scelta tecnica o artistica il trattamento dinamico che volete imprimere sulla song. Pochi sono gli outboards che possono fregiarsi di questa caratteristica, ci sono macchine che funzionano bene sul master bus ma hanno quasi sempre uno o due settaggi dove rendono al meglio e spesso non si adattano a tutti i generi e a tutte le tipologie di mix. Non è il caso dello STC-8! Agendo sui parametri e sapendo cosa si va a cercare sarà possibile trovare molteplici soluzioni, anche all’interno della stessa sessione, tutte ottime come risultante sonora. La modalità con colorazione armonica aggiunta “KI” potrebbe sembrare incisiva al primo approccio ma adeguando i settaggi di attack, release e knee con sapienza, può risultare stupefacente e regalare quella tipica timbrica “vintage”  ed eufonica ad un oggetto che di “old school” ha poco o niente. È davvero difficile mettere in difficoltà l’ STC-8, su qualsiasi modalità operativa si riesce a trovare la soluzione per un buon suono. Anche se messo in crisi la risposta è sempre morbida, musicale, aderente alle dinamiche più altalenanti e difficili da domare. I controlli sono facilmente azionabili grazie ai micro click della versione mastering. Lo shape è realmente il “cambia forma” di questo compressore, incredibile la sua doppia personalità, morbida e gentile o ripida e veloce. Sono arrivato a lavorare su 6, 7 o addirittura 8 dB di gain reduction sul meter, impensabile per un programma stereo, impossibile per una sessione di mastering; questo solo grazie alla plasmabilità del suo intervento, alla sua azione cristallina quando necessario, alla sua adattabilità ad ogni tipo di segnale. Si capisce perché il progettista ha deciso di inserire il “KI” mode! In modalità “HARA” il compressore è oltremodo pulito, non è possibile accorgersi di artefatti o saturazione al punto che a volte, viene voglia proprio di cercare caratteristiche meno lineari. Adeguando i settaggi, anche in “KI” la versatilità di questo compressore resta, bisogna solo trovare la combinazione di parametri per farlo lavorare al meglio ed è facile farlo, la sensibilità dei setting lo permette agilmente. Personalmente ho iniziato ad utilizzarlo in modo completamente manuale e già qui mi sono trovato di

fronte un compressore nuovo anche agendo solo sui parametri convenzionali. Nel “Sample 1” e nel “Sample 2” si può ascoltare come si comporta questo compressore con una impostazione prettamente orientata al mastering: modalità tutta variabile, attacco lento, release veloce, shape tutto girato su “GENTLE”, link on e circa 1dB di schiacciamento prodotto sul meter. Il primo esempio è in “HARA”, il secondo in “KI”.  Nel “Sample 3” le impostazioni sono le stesse del “Sample 1” fatta eccezione per l’attacco impostato su “2” e la gain reduction di 5/6dB seguita da un recupero 5,5dB di gain make up. Anche le due modalità automatiche sono integrabili in una sessione di mastering. Sebbene la “AUTO REL” sia piuttosto lenta nella risposta è immaginabile di usarla su un mix bus o in mastering facendo in modo di operare con pochissima attenuazione, “dimmerando” il parametro “SHAPE” di conseguenza. Anche in questa configurazione si avrà comunque tra le mani una ampia color palette di risultati. La stessa impostazione potrebbe risultare perfetta nel tracking di una voce o nella compressione di un singolo strumento o di una room. Grazie ad “A-MOD” ed al suo lavoro sinergico con il limiter riusciamo ad ottenere una compressione realmente trasparente, è difficile percepire lo schiacciamento dinamico. Nel contempo non si rischia di mandare in over il convertitore grazie alla veloce e breve azione del limiter. Negli esempi “Sample 4”, ”Sample 5”, “Sample 6”, “Sample 7”, e ”Sample 8” c’è un piccolo studio su questa ultima modalità nei diversi preset “A”, “B”, e “C”, tutti registrati in “KI” e con diversi livelli crescenti di riduzione dinamica. Si parte dai 3/4dB dei primi due esempi per finire progressivamente agli 8dB dell’ultimo di questo elenco. Scegliendo di utilizzare l’attacco automatico e la release completamente manuale si può ancora più affinare l’eleganza del risultato in output. Il “Sample 9” è un tentativo estremo per capire dove questo compressore riesce ad arrivare, cercando la massima gain reduction ottenibile con la migliore trasparenza dinamica riscontrabile.

Conclusioni

Lo STC-8 è un compressore che ho lasciato andar via malvolentieri dal mio studio, è un hardware davvero poliedrico. Dalla mia esperienza sono queste le caratteristiche che rendono un compressore adatto a qualsiasi lavoro di mastering. La sua valenza è tale che la stessa macchina può tranquillamente eccellere in mix o in tracking. Ci si trova in somma di fronte ad un oggetto che funziona e basta, in qualsiasi situazione professionale lo si voglia inserire, davvero ben fatto, un plauso a Dave Hill.

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